lunedì 3 maggio 2010

Sky above us.

Il cielo di Tōkyō, dove il tempo scorre dilatato, ti accoglie plumbeo e immutato.
Per la strada sfrecciano automobili di ogni forma, colore e dimensione. Volante a destra, a sinistra, cambio manuale, automatico, alettoni posteriori, specchietti laterali sul cofano, Porsche, Cadillac, Nissan Skyline, Toyota Lexus, Dodge, per citare alcune dei brand più famosi. E ancora, le meravigliose macchine bianche e nere della Polizia (Polizia, portami via), quasi tutte delle Nissan Skyline, secondo il mio gusto personale uno dei modelli più belli al mondo. Poi i taxi verdi e gialli, ma anche rossi, gialli e rossi, bianchi e blu, arancioni e blu eccetera eccetera, niente a che vedere con la piattezza monocromatica cui siamo abituati in Italia.
Per la strada si incrociano barcollanti ragazze esili dalle mise tutt'altro che sobrie, su tacchi talmente vertiginosi da far temere che si cappottino alla prima folata di vento. Qualcuna, sulle scale mobili, si cappotta sul serio, e tu sghignazzi sotto i baffi trattenendoti per non farlo più forte, che non è educato.
Mastodontici corvi dall'apertura alare di un condor che gracchiano continuamente il loro cra-cra sguaiato e beffardo. Tu temi che prima o poi qualcuno ti piombi in picchiata sulla crapa e, nella migliore delle ipotesi, ti faccia uno shampoo di bellezza al guano.
Bimbe fashion che neanche le teenager italiane, vestite come bamboline trendy, brandiscono finti cellulari imitando le liceali alla moda e preparandosi con largo anticipo per l'ora del debutto in società. Tu pensi cinicamente che tanto il tempo passerà inesorabile e spietato anche per loro, non serve avere fretta, perchè in men che non si dica si troveranno a rimpiangere i giorni spensierati dell'infanzia, in cui si giocava a essere grandi senza, per fortuna, esserlo davvero.
Rumori inquietanti di kodama da Yamashiroya, dove hai appena comprato allegramente delle decalcomanie per intamarrarti l'iPhone che, se potesse parlare, ti griderebbe di non farlo, per carità.
Salarymen in gessato che mordono la polvere collassati sull'asfalto dei marciapiedi, vittime del sake e del domani sempre più uguale al presente.
Coppie miste composte da belle ragazze dagli occhi a mandorla e da mezzi cessi occidentali passeggiano mano nella mano, e ti dici che il fascino dello straniero qui non smetterà mai di mietere vittime fra il gentil sesso.
Gigantografie di botuliniche attrici americane fanno bella mostra dei ritocchi nei cartelloni in aeroporto, in metropolitana e sui megaschermi delle vie più trafficate dei quartieri giovani.
Distinti signori in kimono nero che ti si siedono vicino in metropolitana e iniziano a tirare su rumorosamente con il naso, perché si sa, qui soffiarselo in pubblico è considerato scortese.
Senti i ragazzi parlare come negli anime e non te ne capaciti. Ovviamente è il contrario, è negli anime che parlano come loro, ma in quel momento non ci fai caso.
Programmi dal valore discutibile e pubblicità ridicole ti fanno constatare quanto la TV giapponese sia pesantemente trash, e ti chiedi mesta come tu abbia potuto dimenticarlo negli ultimi due anni. Ti sorprendi perchè, prima di scacciarlo spaventata, il pensiero che quella italiana sia meglio ti attraversa per una frazione di secondo l'anticamera del cervello.
Invece, una cosa che non avevi dimenticato e che sei felice di aver ritrovato è il water nipponico, con i suoi getti d'acqua ad hoc e la ciambella riscaldata.
Il tipico odore degli adolescenti giapponesi ti solletica il naso, mentre vaghi fra gli scaffali del Toranoana. L'olfatto è un senso potente, evocativo, anche più immediato della vista, eppure non sapresti dire esattamente cosa ricordi, se più il latte o più il formaggio, unito forse a una leggera nota di sudore in sottofondo. Descrivere gli odori è un'impresa ardua, ma sono proprio loro i primi a darti la percezione di trovarti realmente in un determinato luogo, o a riportarti alla memoria i ricordi del passato. E quest'odore ti fa realizzare prepotentemente che tu, a Tōkyō, ora ci sei.
Zelanti commessi che ti irasshaimasano senza pietà direttamente nell'orecchio, facendoti sobbalzare quando ti colgono di sorpresa perchè hai abbassato la guardia ammirando rapita l'ultimo modello di cellulare viola della Docomo, in esposizione da Yodobashi Camera. Tu, da brava sfinge, ti asciughi la bavetta derivante dalla contemplazione del suddetto oggetto dei desideri, li fanculizzi mentalmente in tutte le lingue conosciute e gli sorridi amabile, inchinandoti appena col capo perchè, anche se normalmente vengono ignorati dai nativi, un po' ti dispiace che tutto quello sgolarsi non abbia riscontro. Dopotutto sei una gaijin, fatti riconoscere. Ringraziali per averti appena spaccato un timpano.
Per fare una telefonata, controlli che ore sono in Italia e ti stupisci una volta in più perchè da queste parti si vive proprio nel futuro. Qui l'ora locale è domani.

Ti vedi riflessa nei finestrini della metro e pensi che ti è mancato tutto questo.
Sai che ogni cosa è destinata a finire presto, che hai i giorni contati prima di tornare implacabilmente alla tua routine.
Ma non adesso.
Adesso ci siete solo tu e Lei, la grande metropoli che ti chiama così forte da non riuscire a prendere sonno la notte.
Per un istante, ti illudi che possa durare per sempre.

4 commenti:

Traveling Sisters ha detto...

Ahhh, quanti ricordi! Ci sono stata per la primissima volta l'anno scorsoper 2 settimane di pure giappone al 100%...non lo dimenticherò mai e appena potrò ci tornerò!
Io sorridevo e chinavo leggermente la testa a quelli dei negozi...mi è sempre dispiaciuto che nessuno seli filasse!!
Ormai vedo il blog e ti commento e seguo su twitter!! Sono ovunque!
Piacere!

Anonimo ha detto...

che nostalgia..bellissimo post. Sono stao in giappo due volte negli ultimi 8 mesi e sto già sognando il ritorno. ciao :)
7eo

Tonari ha detto...

Uellà, ma sei a Tokyo? Passi mica per il Kansai?

Anonimo ha detto...

☺��